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Parti comuni condominiali: cosa dice il codice civile

30.11.2024 
 - admin

Indice dei Contenuti

Cosa si intende per parti comuni del condominio?

L’art. 1117 del codice civile, rubricato “Parti comuni dell’edificio” riporta un’elencazione non tassativa e non esaustiva delle parti del condominio da ritenersi comuni e al servizio della pluralità dei condomini.

La norma in commento così recita:

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.

Le cose elencate ai punti nn. 1, 2 e 3 dell’art. 1117 Codice Civile sono comuni “se non risulta il contrario dal titolo”, ossia dal regolamento condominiale contrattuale o dagli degli atti di compravendita delle singole unità immobiliari in condominio o anche dall'usucapione.

Il condomino che rivendichi la proprietà esclusiva di un bene compreso nell’elenco ha l'onere di provare il titolo contrario, in difetto il suddetto bene apparterrà a tutti i condomini.

In linea generale, indipendentemente dall’elenco, sono di proprietà comune le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, che materialmente e funzionalmente sono necessari per l'esistenza e per l'uso dell'edificio da parte di tutti i condomini.

I concetti di condominio parziale e supercondominio

Condominio parziale

Qualora le cose comuni oggettivamente siano destinate per caratteristiche materiali e funzionali non all'uso o al servizio di tutto l'edificio, bensì di una sola parte, ai sensi dell’articolo 1123, terzo comma, del codice civile si sarà in presenza di un c.d. "condominio parziale"; con la conseguenza che la gestione di queste parti sarà demandata agli effettivi soggetti a cui è comune la cosa e l'imputazione delle relative spese sarà a questi demandata. Non sussiste, infatti, il diritto di partecipare all'assemblea per cose comuni di cui non si usufruisce e non si ha titolarità, con l’effetto che la composizione dell’assemblea e il calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi andranno a modificarsi in relazione alla titolarità delle parti comuni oggetto di delibera.

Supercondominio

Invece, qualora si sia in presenza di un complesso di più edifici che per struttura materiale sono a loro volta, di fatto o perché risultante dal titolo, riuniti in un condominio più ampio avendo parti, impianti e servizi tra loro in comune, saremo in presenza di un c.d. “supercondominio”. Quindi coesisteranno contemporaneamente il supercondominio e anche condomini autonomi dei singoli edifici. Solitamente le cose comuni rientranti nel supercondominio possono essere ad esempio la viabilità di accesso, l'impianto centrale di riscaldamento o dell'acqua calda sanitaria, i parcheggi, la portineria o l'alloggio del portiere, l’area di manovra del piano interrato, ecc.. Al supercondominio si applicheranno le norme dettate in tema di condominio negli edifici.

Uso individuale, modifica e innovazioni delle parti comuni: gli articoli 1102 e 1120 del codice civile

In Condominio è frequente l’uso delle parti comuni condominiali e l’esecuzione di interventi modificativi e innovativi della cosa comune da parte di uno o più condomini.

In linea generale, per comprendere se tali interventi siano legittimi o debbano essere previamente autorizzati o deliberati dall’assemblea condominiale, si deve far riferimento innanzitutto alla disciplina dettata dal codice civile.

L'uso individuale

La norma generale di cui all'art. 1102 c.c. prevede che ciascun condomino possa servirsi della cosa comune, a condizione che non ne alteri la destinazione e non ne impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso. Pertanto ogni condomino è legittimato a eseguire a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune entro i suddetti limiti. È comunque precluso l’uso individuale della parte comune quando è lesivo del diritto di altro condomino sul bene di sua proprietà esclusiva, perché in tal caso l’uso personale travalica la cosa comune e va a intaccare la proprietà individuale altrui.

Trattasi, quindi, di interventi voluti e decisi dal singolo condomino per un suo interesse individuale personale di migliore uso della cosa comune.

Innovazioni e modifiche

L’art. 1120 del codice civile disciplina, invece, le c.d. innovazioni, ossia la modificazione della cosa comune tale da alterarne l'entità materiale trasformandola materialmente e/o mutandone la destinazione, con la conseguenza che il bene presenti, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l'esecuzione delle opere. 

La norma di cui all'articolo 1120 c.c. riguarda le innovazioni che comportano oneri di spesa per tutti i condomini e prescrive che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con specifiche maggioranze.

Qualora le innovazioni non comportino oneri di spesa per tutti i condomini per essere la spesa a carico del singolo condomino aurore dell’opera, troverà applicazione la norma generale di cui all'articolo 1102 c.c..

L’art. 1120, comma secondo, del codice civile sancisce poi il divieto di innovazioni che incidano negativamente sull’uso delle parti comuni da parte di un solo condomino o che siano lesive dei diritti sulla proprietà esclusiva innovazioni che comportano oneri di spesa per tutti i condomini.

Differenza tra innovazioni e modificazioni delle parti comuni

In altri termini, le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni di cui all’art. 1102 c.c. dal punto di vista oggettivo e soggettivo. Sotto il profilo oggettivo, le innovazioni comprendono le opere di trasformazione della parte comune, mentre le modificazioni quelle opere volte ad ottenere una migliore utilizzazione della cosa nei limiti di cui all’art. 1102 c.c.. Dal punto di vista soggettivo, le innovazioni sono espressione di un interesse collettivo sancito da una maggioranza assembleare, mentre le modificazioni sono volte al perseguimento di un interesse individuale di un condomino.

Divisione delle parti comuni: l’art. 1119 del Codice Civile

L’art. 1119 c.c., rubricato “indivisibilità”, prevede testualmente che “le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio”.

La giurisprudenza ha interpretato l’art. 1119 c.c. ritenendo che il requisito del “consenso” di tutti i partecipanti valga solo per la divisione volontaria stragiudiziale (Cass. n. 26041/2019 e di recente Cass. civ., Sez. II, Ord., 23/02/2024, n. 4817), essendo sempre possibile una divisione giudiziale senza consenso unanime.

Pertanto, pur contemplando l’art. 1119 c.c. una forma di protezione rafforzata dei diritti dei condomini, si ritiene che la norma ammetta una divisione volontaria di una parte comune con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio, oppure una divisione giudiziale a richiesta anche di uno solo dei comproprietari, subordinate alla condizione che il bene, anche se diviso, mantenga l’idoneità all'uso cui è stato destinato (cfr. Cass. n. 4010 del 2020 e Cass. n. 4840 del 2021).

Tale orientamento è particolarmente importante nei frequenti casi di soppressione della figura del portiere dello stabile condominiale e del relativo alloggio, che rientra nelle parti comuni ex art. 1117 c.c. e per il quale i condomini avrebbero interesse a sciogliere la comunione per cedere l’immobile a terzi o assegnarlo in proprietà a uno dei condomini interessati all’unità.

In tal caso, mantenendo la destinazione abitativa dell’ex alloggio del portiere, sarà possibile procedere alla divisione o scioglimento della comunione con il consenso unanime dei condomini, qualora non vi raggiungesse l’unanimità, ognuno dei condomini potrà agire giudizialmente per lo scioglimento giudiziale della comunione, previo esperimento della mediazione obbligatoria.

In caso di controversia inerente le parti comuni è consigliabile che l’amministratore, il condominio e/o i singoli condomini si avvalgano della consulenza di un legale per valutare la sussistenza. Lo Studio Legale Toppani Vecchiato, in persona dell’avvocato Andrea Toppani, quale esperto in condominio e tutela della proprietà immobiliare, è a disposizione per valutare ogni singolo caso concreto, rendere un parere e suggerire le possibili soluzioni.

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